Il 2020 si è chiuso con 44.714 aste immobiliari sospese per una perdita complessiva di 6,6 miliardi di euro, e un calo delle aste del 18% rispetto al dicembre 2019.
Ma anche nel primo trimestre del 2021 non ci sono stati grandi miglioramenti: complessivamente le aste nel primo trimestre del 2020 sono state 65.252, per una somma complessiva delle offerte minime di circa 8,6 miliardi; nel medesimo periodo del 2021, le aste sono state 44.720, ovvero il 32% in meno, con offerte minime totali per 5,8 miliardi.
Si è quindi verificata una perdita di 2,8 miliardi di euro.
Le cause dietro il tonfo delle aste immobiliari sono molteplici.
La prima di esse è la sospensione fino al 30 giugno 2021 delle procedure esecutive sulla prima casa abitata dal debitore, a cui si unisce una situazione di incertezza generale, data anche dall’entrata in vigore di norme che continuano a cambiare.
Più in generale, si tratta della mancanza di una linea operativa unica tra i diversi tribunali e di poca chiarezza nelle comunicazioni tra tutte le parti coinvolte.
In ultimo luogo, il trend negativo è anche il riflesso di un lungo periodo di inattività del 2020, che ha come conseguenza un calo di procedure iscritte e un minor numero di udienze, che unito alla bassa digitalizzazione e capacità di lavoro da remoto dei tribunali, sono in grado di creare un rallentamento generale.
La sospensione degli sfratti e, quindi, la conseguente liberazione di tutti quegli immobili posti in asta, hanno sicuramente avuto un impatto negativo sull’interesse del mercato, a cui si aggiunge appunto la proroga della sospensione delle aste degli immobili prima casa.
Questi ultimi secondo le stime di Reviva potevano interessare fino al 36% degli immobili potenzialmente in asta.
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